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Sparatorie di massa: bastano davvero le preghiere a lenire il dolore e il ricordo dei familiari ed amici delle vittime?

 
Sparatorie di massa: bastano davvero le preghiere a lenire il dolore e il ricordo dei familiari ed amici delle vittime?
di Diego Minuti

'La morte è terribile non per il non esserci più, ma, al contrario, per l'esserci ancora e in balìa dei mutevoli ricordi, dei mutevoli sentimenti, dei mutevoli pensieri di coloro che restavano''. Così Leonardo Sciascia, che troppe volte aveva visto la sua Sicilia piangere per la morte violenta di suoi figli, raccontava lo strazio di chi è stato privato dell'amore di un figlio, di un fratello, di un padre, di un amico, di una persona verso cui si nutre ammirazione.

Ma le parole di conforto che altri cercano di offrire restano sospese, perché si cercano, spesso invano, risposte che plachino la sofferenza o che contribuiscano a rispondere alla sola domanda che martella cuore e mente: perché? Per lui e non altri? Perché la sorte o Dio hanno voluto questo?

Sono interrogativi che l'umanità, da sempre, si pone senza trovare spiegazioni definitive, se non affidandosi alla fede e al disegno superiore. Ma quando a soccombere sono innocenti, soprattutto i bambini, le domande angoscianti si moltiplicano insieme all’esigenza disperata di comprendere ciò che non può essere spiegato.

Il recente evento drammatico di Minneapolis – l’ennesimo in un Paese che fa del possesso indiscriminato delle armi il simbolo di una libertà tossica – ha visto un giovane entrare in una scuola cattolica portando violenza tra bambini che stavano pregando. La tragedia, con la morte di due piccoli e il ferimento di molti altri, ha riaperto la ferita mai sanata delle sparatorie di massa negli Stati Uniti.

La preghiera e le veglie sono diventate parte di una liturgia collettiva che accompagna il lutto e che, per chi ha il dono della fede, rappresenta l’unico appiglio per trovare la forza di perdonare. Ma il perdono non è mai semplice: come si può perdonare chi entra armato in una scuola o, come accadde a Las Vegas, chi dall’alto di un albergo spara su una folla indifesa?

Chi prega lo fa per sé e per gli altri, cercando in Dio benevolenza e consolazione, la promessa di un futuro senza fine accanto a Lui. Nelle parole del gesuita Chris Collins, che ha assistito a una preghiera silenziosa in una chiesa di Minneapolis, si coglie l’essenza della fede come unica risposta possibile al dolore: "In questo momento, cos'altro hai intenzione di fare? Che altro potete fare, se non stare insieme e lasciare che Dio sia con noi?"

Il filosofo Søren Kierkegaard ricordava che "gli antichi dicevano che pregare è respirare. Qui si vede quanto sia sciocco voler parlare di un 'perché'. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così la preghiera".

La fede consola e unisce, ma di fronte alla violenza delle sparatorie di massa resta aperta la domanda più difficile: può la preghiera bastare, senza che la società affronti le radici della follia armata?