Dispositivi medici bloccati dalla burocrazia: Confimi Sanità chiede la riscrittura dei LEA per includere tecnologie salvavita già utilizzate all’estero. Il caso emblematico del dispositivo contro l’asma severa
Sono lontani i tempi in cui il Sistema sanitario nazionale italiano era considerato un modello europeo di sanità pubblica al servizio del cittadino. La crisi della sanità pubblica non solo rallenta l’accesso alle cure e aggrava il carico sulle strutture ospedaliere, ma ostacola anche il progresso tecnologico. Mentre in altri Paesi europei l’innovazione medica avanza e viene riconosciuta all’interno dei rispettivi sistemi di rimborso, in Italia i dispositivi medici restano fuori dai LEA, con un impatto negativo su pazienti, clinici e imprese.
Basta osservare un dato chiave: l’elenco dei dispositivi medici a carico del SSN, dalle protesi agli strumenti diagnostici di base, è ancora oggi un adattamento superficiale di una lista del 1999. Una fotografia di come la burocrazia italiana tenga il passo con estrema lentezza, ostacolando l’ingresso di strumenti innovativi e già disponibili altrove.
Per chiarire le ragioni dell’impegno di Confimi Industria Sanità, che da anni chiede la revisione del nomenclatore dei dispositivi prodotti e distribuiti da PMI italiane, è utile un esempio concreto: l’asma.
In Italia 3 milioni di persone soffrono di asma e tra queste 300mila presentano forme gravi o severe, trattate con farmaci cortisonici. Circa 150mila sono bambini. Oltre al costo elevato dei farmaci salvavita, la gestione dell’asma severa comporta alti costi sociali, tra ricoveri in terapia intensiva, assenze scolastiche e giornate lavorative perse.
Eppure pochi conoscono l’esistenza di un dispositivo medico per il trattamento domiciliare dell’asma allergica e della dermatite atopica, che potrebbe migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti. Ma il Sistema sanitario nazionale non lo rimborsa.
“Utilizzato nelle sale bianche operatorie, il nostro dispositivo cura patologie severe ma non è incluso nei LEA – Livelli essenziali di assistenza – a differenza di Svezia e Inghilterra dove la qualità della vita dei pazienti è nettamente superiore a quella italiana”, spiega Marco Scorsato, CEO di Innovacaremd. “È una cura e non un semplice palliativo che attenua i sintomi”.
Lo strumento, destinato a specialisti come dermatologi, pediatri, allergologi e pneumologi, consente anche il monitoraggio dell’uso dei farmaci e dei dosaggi, e i suoi benefici sono documentati da studi clinici. Scorsato, con oltre 25 anni nel settore farmaceutico, ha fondato la start-up distributrice del macchinario nel 2020. Oggi l’azienda impiega 35 persone. “Ma riuscire a inserire l’innovazione nei LEA è una battaglia”, rivela.
Il dispositivo rientra nei trattamenti extra budget, prescrivibili dallo specialista ospedaliero ma erogabili solo a discrezione del distretto sanitario, un meccanismo che limita drasticamente la sua diffusione.
A sostenere questa battaglia c’è Confimi Sanità, la sezione sanitaria di Confimi Industria, che rappresenta 1.200 aziende del settore. Il suo presidente, Massimo Pulin, conferma: “Con il Ministero della Salute siamo impegnati da anni anche nella richiesta di integrazione di macchinari innovativi”.
Massimo Pulin
Oltre a collaborare con le istituzioni per aggiornare i nomenclatori tariffari di protesi e ausili, oggi obsoleti e incompleti, Confimi Sanità sottolinea che “le PMI sanitarie che investono in tecnologia sono fondamentali per consentire al Paese di non restare indietro”, conclude Pulin.
Redazione