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Il Centro intitolato alla beata Armida Barelli: un simbolo di speranza per la SLA

 
Il Centro intitolato alla beata Armida Barelli: un simbolo di speranza per la SLA

In occasione del terzo anniversario della beatificazione della beata Armida Barelli, figura di rilievo nella storia educativa e spirituale italiana e scomparsa a causa della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), il Centro Clinico NeMO Adulti di Roma, situato all’interno del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, è stato ufficialmente intitolato alla sua memoria

Un gesto di grande significato, voluto fortemente da AISLA – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, e condiviso dalla comunità dei pazienti. La cerimonia si è svolta nell’ambito delle celebrazioni per il decimo anniversario del Centro NeMO Roma, da anni punto di riferimento nazionale per la presa in carico integrata delle malattie neuromuscolari.

Armida Barelli, simbolo di accoglienza e testimonianza

Nella prefazione alla biografia ufficiale di Armida Barelli, Papa Francesco ha sintetizzato così il valore della sua testimonianza: «La sua vita è fatta di ascolto e accoglienza, testimone di un legame tra ciò che si ascolta e ciò che si vive». Una riflessione che ben rappresenta lo spirito dell’intitolazione. La scelta è stata condivisa e promossa anche dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dallo stesso Policlinico Gemelli, a testimonianza dell’unità d’intenti tra assistenza sanitaria, formazione e ricerca.

Le istituzioni: “Una visione che guida la nostra azione di governo”

Presente alla cerimonia anche l’on. Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha sottolineato l’importanza del momento: «In questi giorni segnati dal lutto per la morte di Papa Francesco, la testimonianza di Armida Barelli risuona in noi ancora più forte: donna visionaria ma concreta, al fianco delle giovani generazioni, e promotrice di una visione antropocentrica, di difesa dei più fragili e della dignità della vita. Principi che questa intitolazione ci vuole ricordare e che ispirano la nostra azione di governo, nella profonda consapevolezza che non può esistere progresso senza innanzitutto prendersi cura delle persone».

Un’eredità viva tra cura e ricerca

Il prof. Mario Sabatelli, direttore del Centro NeMO Roma dal 2015, ha guidato lo svelamento del ritratto di Armida Barelli, posizionato all’ingresso del reparto. Il dipinto reca una citazione della beata, scritta durante la sua malattia: «Ora non posso più parlare, ma posso pensare, amare, pregare, scrivere e offrire la mia croce».

Parole che racchiudono il cuore del messaggio che il Centro vuole trasmettere ogni giorno. «Intitolare il nostro Centro alla beata Armida Barelli significa riconoscere che la medicina non si riduce alla cura della malattia, ma si esprime prima di tutto nel sollievo dalla sofferenza. È questo il principio che, da dieci anni, guida il nostro lavoro al fianco delle persone con SLA», ha dichiarato Sabatelli.

Anche il presidente della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, Daniele Franco, ha evidenziato l'importanza della scelta: «Questa è un’iniziativa importante per il Centro NeMO e per il Policlinico Gemelli, entrambi contraddistinti da tre caratteristiche: assistere tutti i malati di malattie non comuni, associare cura e ricerca, prendersi cura delle persone a tutto campo, nella loro vita complessiva».

Una visione tra fede e scienza

Il prof. Antonio Gasbarrini, Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, ha messo in luce la connessione tra l’identità del Policlinico e la figura di Barelli: «Il Gemelli è un Policlinico Universitario ed è anche un IRCCS, un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, dove la parola “ricovero” assume un valore essenziale dal punto di vista dell’assistenza e del prendersi cura delle persone malate. Armida Barelli aveva questa grande visione che univa le due grandi realtà: grazie al Centro NeMO per aver da sempre interpretato tutto questo».

Un messaggio condiviso anche da Alberto Fontana, segretario dei Centri NeMO: «Questa intitolazione è una scelta di senso, un gesto di fiducia nel valore umano della scienza, nella forza della comunità e nella spiritualità che abita anche i luoghi della cura».

Una giornata di memoria, fede e impegno

La giornata si è conclusa con una celebrazione eucaristica nella cappella del Policlinico, presieduta da Mons. Claudio Giuliodori. Una Messa di suffragio per ricordare insieme Barelli e Papa Francesco. “La malattia della SLA colpisce profondamente le condizioni umane delle persone, ma sappiamo che la solidarietà e la fede possono essere rafforzate dal momento della prova: intitolare a Armida Barelli questo luogo particolare significa rafforzare la speranza nei progressi della ricerca scientifica e nel sostegno che si può ricevere da una cura ricca di tenerezza umana. [...] Negli ultimi tre anni, infatti, dal 1949 alla morte nel 1952, colpita proprio dalla SLA non ha potuto più parlare e si è ritirata a Marzio, dedicando la sua vita alla preghiera. Ha offerto la sua sofferenza per la continuità delle sue opere e, soprattutto, per la realizzazione del grande sogno di Padre Agostino Gemelli da lei profondamente condiviso: la nascita a Roma della Facoltà di Medicina e chirurgia con il relativo Policlinico”.

Una donna moderna e visionaria

Armida Barelli, nata a Milano nel 1882, è stata una pioniera dell’educazione femminile cattolica e cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Collaboratrice del francescano Padre Agostino Gemelli, ha dato vita alla Gioventù Femminile di Azione Cattolica e promosso numerose opere educative e sociali. Dal 1949, colpita dalla Paralisi Bulbare Progressiva (SLA), Barelli ha trascorso gli ultimi anni in silenzio, offrendo la sua sofferenza come preghiera. È morta nel 1952 e oggi riposa nella cappella dell’Ateneo, accanto al fondatore.

Nel 2021, Papa Francesco ha riconosciuto ufficialmente il miracolo avvenuto per sua intercessione, aprendo la strada alla beatificazione. Nella prefazione alla sua biografia, il Pontefice la definisce «una figura di straordinaria attualità, tanto spirituale quanto civile, una donna capace di vivere la laicità come vocazione alta».

Una testimonianza che parla alla comunità SLA

A concludere la giornata, la foto di gruppo con pazienti, volontari, operatori sanitari e rappresentanti istituzionali. Un momento simbolico per Fulvia Massimelli, presidente nazionale di AISLA: «Da oggi, la beata Armida Barelli è un riferimento per le persone con SLA, per le nostre famiglie e per tutti coloro che fanno della cura un impegno quotidiano. La sua testimonianza ci parla di una forza silenziosa, capace di generare senso anche nel limite. È lo stesso spirito che anima tanti volontari della nostra comunità: persone che, a partire dalla propria esperienza di sofferenza o malattia, scelgono ogni giorno di esserci per gli altri, trasformando la prova vissuta in un dono concreto di ascolto, presenza e solidarietà».

Redazione