Finalmente se ne è accorta anche Bruxelles. E questa volta anche un euro-realista come il sottoscritto plaude senza remore alla tirata d’orecchie – tramite lettera – della Commissione europea all’Italia
di Pietro Romano
Nel mirino è finita la norma che continua a consentire la modalità remota alle assemblee societarie. Una pratica che non ha inventato l’attuale governo (ha cinque anni di vita) ma che l’esecutivo e la maggioranza hanno tenuto in vita anche per la tornata assembleare di quest’anno approvando alcuni emendamenti al Dl Milleproroghe, cui poi venne votata la fiducia in aula, allo scopo di permettere a società di capitali ed enti associativi di tenere le proprie assemblee in modalità da remoto. Attraverso il sistema di videoconferenze, persino quando questa ipotesi non è contemplata dai relativi statuti. Un metodo che addirittura permette agli amministratori di scegliere il rappresentante dei soci, di fatto imponendoglielo. Alla faccia della democrazia economica e dei diritti di proprietà che appartengono al singolo socio quale sia la quota detenuta. Un comportamento, sostanzialmente, in deroga ai diritti della proprietà privata riconosciuti anche in Costituzione.
Il Governo ha due mesi per rispondere
L’Italia, meglio: il governo, ha due mesi per rispondere. Potrebbe però soprassedere. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe arrivare una procedura d’infrazione, nelle quali il nostro Paese, quale che sia il ‘colore’ del governo in carica, detiene da lunghi anni il record. Tanto le sanzioni economiche conseguenti le paga il contribuente, come al solito. Oppure l’esecutivo potrebbe rimandare l’eventuale risposta al nuovo Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Tuf) tramite il quale Roma aveva già assicurato di sanare la situazione, quando Bruxelles sei mesi fa aveva già, ma con meno clamore, sollevato il problema. Come poi si pensi di sanare la situazione è tutto da vedere. Bisognerà attendere l’autunno e il nuovo Tuf. Ma c’è chi teme in un rattoppo peggior del buco.
Va tutto bene solo per pochi eletti
Un rattoppo, in questo caso, che penalizzerebbe, come pensare altrimenti?, i piccoli azionisti. Ai quali da cinque anni viene metaforicamente mozzata la lingua in modo da dare l’apparenza che, come si diceva una volta, “va tutto bene madame la marchesa”. Mentre la realtà è che tutto va bene, certo, ma solo per pochi eletti e per l’esercito di consulenti ai quali vengono liquidati fior di quattrini magari per accrescere il consenso e oscurare il dissenso.
Rincresce che un governo nato sull’onda dell’entusiasmo per il cambio di direzione rispetto a esecutivi proni ai ‘soliti’ (magari appoggiati da mezzi di comunicazione compiacenti) rischi di finire ricordato per aver deciso di non disturbare il manovratore. Come, tanto per intendersi, fossimo in un qualsiasi “Paese delle banane”. O dei cachi.