di Katrin Bove
Il sistema penitenziario italiano è “senza respiro”. Non è un’esagerazione retorica, ma il titolo emblematico del XXI Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione, presentato oggi a Roma e frutto di un monitoraggio capillare compiuto nel 2024 su 95 istituti penitenziari per adulti e sulla quasi totalità dei carceri minorili del Paese.
Un dossier che offre uno spaccato crudo e drammatico della realtà carceraria italiana, evidenziando numeri impressionanti: al 30 aprile 2025 i detenuti erano 62.445, contro una capienza regolamentare di appena 51.280 posti. Tenendo conto di oltre 4.000 posti non disponibili, il tasso di affollamento reale si attesta al 133%, con 16.000 persone prive di un posto letto conforme agli standard di legge. In 58 strutture su 189 il sovraffollamento supera il 150%.
LE CARCERI PIÙ SATURE: UNA BOMBA SOCIALE
A guidare la triste classifica delle carceri più sovraffollate è Milano San Vittore con un tasso record del 220%, seguito da Foggia (212%) e Lucca (205%). In questi istituti, la popolazione detenuta è più del doppio rispetto alla capacità teorica.
Nel biennio 2023-2025, il numero dei detenuti è aumentato di oltre 5.000 unità, mentre la capienza effettiva è scesa di 900 posti. In media, ogni due mesi si registrano 300 ingressi in più. Un ritmo che, come fa notare Antigone, renderebbe necessario costruire un nuovo carcere ogni sessanta giorni.
LE RISPOSTE DEL GOVERNO NON BASTANO
Le misure adottate dall’Esecutivo, in primis il piano per l’edilizia penitenziaria, sono ritenute insufficienti. A peggiorare il quadro è il “Decreto Sicurezza” (aprile 2025), ora in discussione in Parlamento. Tra le novità introdotte, vi è l’inasprimento delle pene per le proteste pacifiche, considerate ora alla stregua dei reati di mafia e terrorismo. Questo comporta l’esclusione dalle misure alternative, anche per chi manifesta senza violenza.
Un esempio lampante: nel 2024 si sono registrati 1.500 episodi di protesta coinvolgendo circa 6.000 detenuti. Se ciascuno venisse condannato a quattro anni di pena supplementare, si produrrebbero 24.000 anni di carcere aggiuntivi su individui già reclusi.
CHI PROTESTA? I PIÙ FRAGILI
Le manifestazioni interne arrivano spesso dalle categorie più vulnerabili: tossicodipendenti, senzatetto, stranieri senza difesa legale, persone con disturbi psichiatrici. Si tratta perlopiù di detenuti con pene brevi. Attualmente, il 51,2% dei condannati definitivi ha meno di tre anni da scontare, una soglia che dovrebbe consentire, almeno teoricamente, l’accesso a percorsi alternativi alla detenzione. Sono 1.370 le persone recluse con pene inferiori a un anno.
EMERGENZA ANCHE TRA I MINORI
Per la prima volta nella storia, anche gli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) registrano un preoccupante fenomeno di sovraffollamento. I detenuti sono 611 (di cui 27 ragazze), contro i 381 del 2022. Il Decreto Caivano è indicato come la causa principale di questo aumento: il 65% dei minori è in custodia cautelare senza una condanna definitiva.
TRE PROPOSTE CONCRETE DI ANTIGONE
L’associazione ha avanzato tre proposte immediate per alleggerire la pressione:
1. Atto di clemenza per detenuti con residuo pena inferiore a 2 anni;
2. Provvedimenti collettivi di misura alternativa tramite Consigli di disciplina straordinari;
3. Divieto di nuove carcerazioni se non in casi eccezionali e solo in presenza di posti regolamentari disponibili.
L’APPELLO DI PATRIZIO GONNELLA
Durante la presentazione, il presidente di Antigone Patrizio Gonnella ha lanciato un appello a tutte le forze democratiche e costituzionali:
“Dobbiamo costruire una grande alleanza di tutti coloro che intendano muoversi nel solco dell’articolo 27 della Costituzione, a partire dalle Università, dalle associazioni, dal mondo delle professioni e dai sindacati. Il carcere non va trasformato in una trincea di guerra. Chi usa toni militareschi o guerrafondai per orientare e gestire la vita carceraria commette un gravissimo atto di insubordinazione costituzionale che renderà durissima la vita degli stessi poliziotti.”
Gonnella ha inoltre ribadito l’importanza di ridefinire il senso della pena attraverso un linguaggio più umano e rispettoso della dignità dei detenuti:
“Le parole forti di Papa Francesco per una pena mite e mai disumana, nonché il suo discorso contro i mercanti della paura, speriamo restino un monito per tutti. Non è stato ascoltato in vita. Speriamo lo sia dopo la sua morte.”