Tagli per 43,8 miliardi e spesa pubblica nel mirino: governo sotto pressione tra opposizione, sindacati e tensioni nella maggioranza
L'ombra di un voto di sfiducia incombe sul governo francese se non modificherà sostanzialmente il suo piano di austerità per la riduzione del deficit pubblico a partire dal 2025. La minaccia arriva dall’opposizione parlamentare, che contesta duramente il pacchetto proposto da François Bayrou, basato su risparmi di spesa e aumento delle entrate per 43,8 miliardi di euro entro il 2026, con tagli che coinvolgono anche settori sensibili come la sanità.
Secondo Sébastien Chenu, figura di spicco del Rassemblement National (RN), il piano sarebbe “privo di qualsiasi visione” e assimilabile a un “fai da te pieno di rattoppi”. Ha inoltre rilanciato la minaccia di una mozione di sfiducia lanciata da Marine Le Pen, precisando che l’impedimento legale attuale alla sua candidatura non fermerà l’azione del partito.
Il governo potrà però sfruttare la pausa estiva e il calendario parlamentare per tentare una mediazione politica, evitando che la mozione venga formalizzata prima dell'autunno.
L’obiettivo annunciato dal governo Bayrou è quello di ridurre il deficit dal 5,8% del PIL nel 2024 al 4,6% entro il 2026, una soglia definita “difficile da negoziare”. Con una maggioranza relativa nell’Assemblea nazionale, l’esecutivo ha bisogno che almeno un partito dell’opposizione non sostenga la sfiducia, possibilità oggi remota.
Anche il Partito Socialista, tramite il suo primo segretario Olivier Faure, ha annunciato un voto favorevole alla mozione “nelle attuali condizioni”. Faure ha rilanciato la proposta della tassa Zucman, ispirata all’economista Gabriel Zucman, ovvero un’imposta patrimoniale sui grandi patrimoni, che potrebbe generare tra 20 e 25 miliardi di euro l’anno, contrastando l’elusione fiscale e riequilibrando il carico tributario.
Ancora più netta la posizione di La France Insoumise (LFI), principale formazione della sinistra radicale, che ha dichiarato apertamente il sostegno a una mozione di censura contro il governo.
Tra le misure più controverse contenute nel piano, oltre ai tagli alla spesa pubblica e agli aumenti fiscali, figura anche la proposta di eliminare due degli attuali 11 giorni festivi annuali, misura che ha alimentato forti proteste popolari e sindacali.
I sindacati, con in testa la CGT, hanno respinto con forza il piano, definendolo una “distruzione sociale mai vista prima”. Di segno opposto il giudizio della Medef, principale organizzazione padronale francese, che ha espresso sostegno alle misure di bilancio proposte dal governo.
Il malumore è emerso anche all’interno dell’esecutivo: il ministro della Giustizia Gérald Darmanin, già titolare dell’Interno e possibile candidato alle presidenziali del 2027, ha annunciato che il suo dicastero non subirà tagli, anzi riceverà un aumento di 200 milioni di euro nel 2026.
“Il nostro sistema giudiziario è molto impoverito e non sono diventato ministro per vedere i nostri crediti ridursi”, ha affermato Darmanin.
Il governo Bayrou, dunque, si trova in una posizione sempre più precaria, stretto tra l’austerità imposta dai vincoli di bilancio, le pressioni delle opposizioni, le tensioni interne alla maggioranza e il malcontento crescente dell’opinione pubblica.
Redazione